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mercoledì 14 aprile 2010

Mente bipolare: intervista

“Nervi d’acciaio”, firmata Carlo Castelli
Un’esplorazione letteraria della mente bipolare

"La Cronaca" (di Piacenza), domenica 28 febbraio 2010

Sta per uscire [luglio 2010] per i tipi di Stampa Alternativa un libro, Nervi d’acciaio, senza dubbio degno della nostra curiosità. A scriverlo è stato Carlo Castelli, 33 anni, bobbiese al debutto, che per il suo esordio letterario ha scelto un tema certamente delicato: la mente e le sue “deviazioni” o “tentazioni”. Parte di questa indagine autobiografica, una sorta di diario aperto al pubblico, la bipolarità, condizione della quale Castelli ci ha parlato in questa intervista.

Quando hai iniziato a scrivere Nervi d'acciaio?
Il libro è nato a tratti. Anni fa, quando in certi momenti il pensiero, fuori della mia volontà e automatico mi scorreva nella mente come un flusso inarrestabile, scoprii che l’unica cosa che mi permettesse di calmarlo era scrivere. Scrivendo creavo un pensiero di volontà accanto al flusso automatico. In questo modo, forse perché la mia mente non riusciva a formulare due pensieri contemporaneamente, il vortice si arrestava. In un periodo di tranquillità modificai la prima stesura. Finito il libro lo misi in un cassetto dove rimase quattro anni.

Cosa intendi comunicare con Nervi d'acciaio?

Voglio comunicare la speranza che è possibile risollevarsi da situazioni molto complicate. Mi sarebbe piaciuto trovare questo libro in libreria. È un libro istintivo e semplice; immediato e divertente. L’ironia mi è venuta spesso in aiuto.

Già da “La medaglia” (primo capitolo) si capisce che il tuo disturbo potrebbe essere di tipo bipolare. Diagnosi psichiatriche a parte, ritieni che questo disturbo ti appartenga appieno? Ti descriva perfino?
Negli anni sono cambiato. Ho imparato a modulare la fase d’innalzamento. È come se mi venisse fornito un capitale in energia. Mentre prima cavalcavo questa energia in tutta la sua forza, oggi ho imparato a essere più riflessivo. Lascio che questo momento mi attraversi cercando di cogliere quello che ha di positivo, come alcune buone idee, la creatività. Anni fa pensavo che non fosse possibile gestire uno stato (chiamato) psicotico. Oggi non mi dà grossi problemi. Limitandomi nel periodo d’innalzamento non spingo più l’organismo a livelli esasperati di energia e non ho più la fase depressiva. Molto importante è riuscire a gestire anche il pensiero. Alcuni ci riescono tramite la meditazione, io uso la scrittura. Non penso che il disturbo mi possa descrivere, è più facile che io descriva lui. Se mi appartiene? Ho iniziato a volergli bene.

Nelle prime battute del libro scrivi di Castaneda e di come la filosofia messicana pensi la realtà come “costituita da più strati, uno dentro l’altro".
Quando conosco una persona c'è la prima impressione innata, istintiva, esteriore che ho di lei. Osservo poi il modo in cui parla, il tono della voce, da quello che dice mi farò un’idea del suo mondo e del suo pensiero, cercando di superare quei pregiudizi dati dalla mia natura e dalla mia cultura, che a volte si creano dentro di me. Poi, poco alla volta giungerò alla sua essenza. La cosa stupefacente nel conoscere l’altro è che spesso conosci anche te stesso.

Spesso accenni a un conflitto, per te molto concreto, fra realtà “vera” e realtà “mentale". E invochi una cultura che non metta per forza l’una contro l’altra. Come?
Non ho parole per descrivere la mente. È qualcosa di molto complesso. Forse la mente è il mezzo con cui, tramite il pensiero, rappresento la realtà. Ma c'è anche il corpo, l’istinto che viene prima del pensiero. Mi piacerebbe una cultura che non si fermi al pregiudizio, non stigmatizzi. Che sia aperta alla conoscenza dell’altro inteso come tutto quello che è o potrebbe essere all’esterno dell’individuo. Non penso che esista una sola realtà, una sola verità. Diffido sempre degli assoluti. Ogni persona nel suo percorso individuale e sociale troverà la sua verità, la sua realtà.

Anni fa, a un certo punto, dici di esserti sentito “diverso dagli altri". Più profondo? Più sensibile?
Da giovane ricordo che ero molto emotivo e orgoglioso, una pessima combinazione. Facevo quattro ore di sport al giorno. Avevo i miei tre amici fidati e passavo quasi tutti i week end a pesca, caccia e per funghi. Ho avuto un’infanzia e un’adolescenza molto felici. Iniziai a sentirmi diverso circa un anno prima della mia prima modificazione percettiva. Tutto il mio essere era alla ricerca di qualcosa, forse una nuova identità. A diciotto anni la mia vita cambiò in un solo giorno.

C'è qualcosa, a parte i farmaci magari, che ti ha particolarmente aiutato nel tentativo di evitare questi “up” e “down” (elettrizzanti e deprimenti) spesso dolorosi?
I farmaci mi permettevano di avere episodi più lievi che rientravano rapidamente. A un certo punto della mia vita decisi di abbandonare la psichiatria, di provare a fare da solo. Cominciai a osservarmi e a conoscermi meglio, per capire quali erano i miei limiti e le mie virtù. Una cosa importante che ho imparato è non cavalcare la modificazione percettiva, ma lasciare che mi attraversi. Non ho più paura. Mi ha aiutato sicuramente l’eliminazione di sostanze come il caffè e l’alcol. Il non fare uso di droghe. Dovrei eliminare anche il fumo. Anche avere dei ritmi regolari di sonno è molto importante.

Quando senti la parola “normalità” cosa ti salta in mente?
In matematica la parola normale significa perpendicolare. Ciò vuol dire che le persone normali, nonostante tutto, riescono a mantenere un equilibrio soddisfacente. Aggiungo che per fortuna ci sono le righe della normalità, altrimenti non potrei permettermi, a volte, di uscire da queste righe.

Conosci altri bipolari?
Sì, ne conosco molti. Tempo fa mi sono iscritto a una newsletter di Yahoo. Vi si accede tramite il sito www.bipolari.it, dopo una breve autopresentazione. Nel forum si trova supporto e confronto. Qualche giorno fa ci siamo incontrati a Bologna. È stata un’esperienza molto positiva.

L’amore di una persona può aiutare a combattere o sconfiggere la bipolarità?
Una donna che s’innamorò di me fu di vitale importanza nel mio percorso. Oltre ad amarmi conosceva a fondo le caratteristiche del problema, era molto intelligente, di una spiccata sensibilità, dotata di una fermezza e di una forza sovraumane.

eraf
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